Montreal, ecco tutta l'incredibile storia



È storia ben nota come la Montreal del 1970, con il suo V8 derivato da quello della Tipo 33, il suo design aggressivo e raffinato di Bertone, la sua gestazione lunga e complessa ed il suo fascino da romantica e muscolosa granturismo abbiano avuto origine dal concept presentato nella città canadese durante l’esposizione universale di tre anni prima.

Tuttavia, in epoca di EXPO – quello di Milano, del 2015 – Quadrifoglio vuole rendere omaggio a quel prototipo ed alle vicende che l’anno portato davanti agli occhi di milioni di persone

Secondo le intenzioni, l’esposizione universale del 1967 avrebbe dovuto svolgersi a Mosca, per celebrare il cinquantesimo anniversario dell’Ottobre 1917 il “rosso” mese della Rivoluzione Bolscevica. Si era però in piena Guerra Fredda e non erano in pochi, al Cremlino, a temere l’effetto dirompente che una vetrina delle tecnologie, società e culture di tutto il mondo avrebbe potuto avere nella blindatissima Russia comunista. Per questa ragione, nell’aprile 1962 le certezze iniziarono a crollare e la candidatura di Mosca venne ritirata: un’occasione ghiotta per il Canada che proprio nel 1967 avrebbe celebrato il centesimo anniversario della Confederazione Canadese. Un’opportunità che Jean Drapeau, sindaco di Montreal, non si lascia sfuggire ottenendo il consenso a portare nella sua città l’EXPO, con soli cinque anni di preavviso rispetto alla data di apertura, fissata per il 27 aprile 1967: all’epoca sono considerati la metà di quelli necessari per l’allestimento di un evento di tale portata!

Il processo che porterà all’esposizione, entra nella sua fase operativa già nel maggio 1963 a Montebello, dove viene organizzato un comitato. La prima idea è quella di rendere l’esposizione completamente tematica, in una sorta di tributo al tema prescelto: “L’Uomo ed il suo Mondo” un tema ispirato dalla citazione di Antoine de Saint Exupéry “Terre des Hommes”. Secondo questa prima visione, ogni nazione avrebbe dovuto offrire la propria interpretazione ad una serie di temi comuni. Inevitabilmente, l’interesse di ogni paese porterà ad una scelta più tradizionale, con vari padiglioni nazionali ma l’idea originaria verrà comunque mantenuta per il tema “L’uomo Produttore” che celebra l’ingegno umano nel modificare le cose, attraverso scienza e tecnologia, per trasformare le proprie fantasie in realtà. Un tema complesso, declinato in cinque padiglioni tematici, sparsi fra le isole artificiali appositamente realizzate sul fiume San Lorenzo.

La loro costruzione era iniziata il 13 agosto 1963 e per l’allestimento dei padiglioni resteranno solo 1024 giorni dalla data di completamento delle isole!

Fra questi, uno spazio imponente, formato da una serie di futuristiche strutture poligonali, posto direttamente di fronte alla stazione dell’Expo-Express, il principale sistema di entrata disponibile, è dedicato al “Progresso”, un viaggio attraverso le innovazioni e le scoperte del XX° Secolo. Sono esposti i modelli in grandezza naturale di dieci satelliti per telecomunicazioni, il prototipo dell’aereo a decollo verticale e molto altro, fra oggetti ed installazioni.

Non poteva certo mancare, fra questi, l’automobile: solo nove mesi prima dell’apertura l’Alfa Romeo – che già nel padiglione italiano esponeva una Giulia Sprint GT Veloce ed una 1600 Spider “Duetto” – riceve l’incarico di progettare una vettura che potesse rappresentare “La massima espressione dell’Uomo d’oggi, in fatto di automobili”.

Un tema complesso, una sfida per costruttore e carrozziere, resa ancor più ardua dai tempi ristretti, quasi non ragionevoli, imposti dall’organizzazione. La vettura, infatti, non avrebbe dovuto essere un concept “puro”, frutto di una estrema e futuristica ricerca estetica ma, al contrario, avrebbe dovuto costituire una proposta credibile: un’aspirazione reale e concreta, non un “semplice” sogno, quali sono - appunto – i dream cars tanto in voga alla fine degli anni Sessanta.

La collaborazione fra Alfa Romeo e la Carrozzeria Bertone, vive in questo periodo uno dei momenti di massima vivacità ed anche l’entrata del ventottenne Marcello Gandini – succeduto nel 1965 a Giogetto Giugiaro – lascia speranzosi i dirigenti di Arese: solo un anno prima, gli erano bastati poco più di tre mesi per creare le forme-capolavoro della Miura sul certo non semplice autotelaio Lamborghini P400.

Il processo di stile procede spedito, ma per quanto riguarda la meccanica, le cose sono molto più complicate: uscito da poco di produzione il sei cilindri in linea della 2600, sotto al cofano non resta che installare il “tranquillo” bialbero 1600 ad un solo carburatore della Giulia TI, mentre per il telaio la scelta cade su quello a passo corto della Giulia Sprint GT. Una meccanica non certo all’altezza delle aspettative che le forme basse, slanciate e pure della carrozzeria lasciano intendere: forme dalle proporzioni inconsuete, sottolineate dal bianco perlato della verniciatura ed “incattivite” dalle palpebre che nascondono i gruppi ottici anteriori e dalle serie di feritoie, sul cofano e sui montanti posteriori, ispirate a quelle che nel 1964 avevano caratterizzato il concept Canguro. Per molti, le feritoie sui montanti costituivano un chiaro segnale dell’intenzione di dotare la vettura di un’architettura a motore centrale; un progetto che in realtà ad Arese non venne mai considerato.

Un po’ in sordina, ma con molte speranze, i due prototipi identici di quella che non poteva che chiamarsi Montreal vengono imbarcati su un altrettanto fascinoso Armstrong Whitworth AW 650 Argosy della British European Airways alla volta del Canada.

Pierre de Bellefeuille, curatore del padiglione, farà di tutto per eliminare ogni valenza commerciale dall’esposizione dei prototipi che verranno posizionati in uno spazio – invero piuttosto ristretto e forse eccessivamente spoglio - compreso tra specchi che ne ripetono l’immagine all’infinito, come a sottolineare le potenzialità produttive della vettura. Al di sopra di esse, sono appese due motociclette Norton.

Quando il 29 ottobre i battenti dell’EXPO si chiuderanno, gli organizzatori dichiareranno un’affluenza di oltre 50 milioni di visitatori, tali da trasformare, quella di Montreal, nella più grande esposizione universale fino ad allora organizzata.

Inevitabile il successo di pubblico anche per la bella Alfa Romeo che però, una volta fatto ritorno a Milano, non solo dovrà fronteggiare una serie infinita di ostacoli tecnici, ma anche una situazione del mondo dell’auto e dell’Alfa Romeo in particolare che sta rapidamente cambiando. E non certo a vantaggio delle automobili sportive. Questa, però, è un’altra storia, quella della Montreal di serie.

Non meno interessante è il destino dei due prototipi: uno verrà sacrificato per le lunghe sperimentazioni meccaniche in vista della produzione mentre il secondo verrà conservato intatto a futura memoria. Entrambi fanno parte della collezione del Museo Storico Alfa Romeo.

Da IL QUADRIFOGLIO

Post più popolari