Camillo Marchetti racconta - seconda parte - Da "IL QUADRIFOGLIO"
Un’intervista - o meglio un’amichevole chiacchierata - con Camillo Marchetti, Direttore delle relazioni esterne dell’Alfa Romeo. E padre di tante leggendarie iniziative. Un personaggio che ha vissuto la storia in prima persona e che ne ha scritte molte pagine
di STEFANO D'AMICO
(...SEGUE)
I ricordi di Marchetti scorrono veloci e si sovrappongono in un piacevolissimo racconto. “Il Chiti - mi dice - apprezzava molto Patrick Depailler per il suo coraggio e la capacità di collaudare le vetture portandole anche oltre i loro limiti. Pensate che lo ingaggiò addirittura quando era tutto ingessato per una caduta dal deltaplano. Depailler amava tutto ciò che era pericoloso, non si sottraeva mai a nessun compito per gravoso che fosse e Chiti ne apprezzava la voglia costante di provare tutto e soprattutto la capacità di saper spiegare cosa andava o no nella vettura”.
Ancora i suoi piloti: “Velocissimi erano Ignazio Giunti e Nanni Galli, li chiamavano i cugini perché un pò si assomigliavano ma soprattutto perché erano molto amici e stavano sempre insieme. Ma altrettanto forti erano l’olandese Hezemans e il più saggio Bussinello. Spartaco Dini era un donnaiolo pazzesco e ne combinava di tutti i colori. Alla Targa Florio succedevano cose incredibili. Con loro ricordo con simpatia quelli della GTA: il romano Picchi, velocissimo, Enrico Pinto, Geki Russo. Nini Vaccarella, il preside di Palermo, pur spavaldo e serio, era sempre molto ossequioso ma in macchina per quelle montagne o in pista era imbattibile.
A Chiti piaceva molto. Con De Adamich, abbastanza veloce e professionale, invece c’era un rapporto costante, ma di amore-odio”. Oltre all’Autodelta, chiedo quali erano gli altri concorrenti ‘preparatori’ Alfa Romeo nel periodo GTA vicini o ‘amici’ con l’Autodelta. “Nessuno - mi dice categorico - tra i preparatori Chiti stimava molto il romano Franco Angelini, diceva che era tra i migliori e ne aveva un po’ timore in gara perché oltre a ottime vetture aveva anche forti piloti. Per portarlo dalla sua parte gli offrì la possibilità di creare una filiale Autodelta a Roma, ma Angelini incredibilmente rifiutò. Toccò portargli via il suo pilota di punta, Ignazio Giunti! Ma ai tempi della GTA c’erano anche altri bravissimi preparatori concorrenti dell’Autodelta come Monzeglio e Conrero. E l’Alfa a fine anno premiava, nell’ambito di una bella festa, tutti i piloti, indistintamente, che avevano corso nel mondo con le vetture della Casa. Ipremi erano multipli di sculture dei più noti artisti del tempo. L’Alfa - continua Marchetti - supportava molto gli artisti italiani e ne promuoveva cultura e conoscenza sponsorizzando molte prestigiose iniziative nel settore. L’Alfa godeva di un’immagine e di un prestigio elevatissimi. In tutto il mondo. Come peraltro tuttora”.
“Chiti - mi racconta - era molto benvoluto dai Presidenti Alfa Romeo, sia Luraghi che Cortesi ed infine Ettore Massacesi, quasi sempre presenti ai box e attenti con vera passione all’attività dell’Autodelta. Molti in Alfa-Arese erano un po’ gelosi di questo rapporto privilegiato. Ma Chiti, pur indispettito, se ne fregava altamente. Le critiche per le spese notevoli dell’Autodelta venivano comunque da Roma (IRI-Finmeccanica) mai da Arese, che in fondo si compiaceva dei suoi successi e taceva per il resto. Era sempre alla ricerca di fondi per soddisfare la sua inesauribile creatività e genialità.
Rally. Gran peccato e grandi possibilità trascurate e sprecate, da lui e dall’Azienda. Pur essendone stato molto interessato e avendo fatto vetture potenti e perfette che avrebbero potuto vincere davvero tutto, fermò egualmente tutto; sembra incredibile, ma in verità non gli piacevano troppo quegli impegni sportivi nella specialità rally e le faticose trasferte che essi comportavano. E per giunta in Alfa non si credeva molto nei rally perché ‘non facevano mercato’ e costavano troppo. L’Autodelta avrebbe potuto vincere il Campionato del Mondo Rally. Il pilota Mauro Pregliasco era fortissimo.
Durante le corse il Chitone non mangiava mai, ma beveva litri di acqua. Però appena finita la corsa... faceva paura! Se si perdeva era per consolarsi, se si vinceva era per festeggiare. A Le Mans per la 24 Ore si mangiò 29 cosce di pollo fritte a velocità costante, tipo catena di montaggio, anzi di smontaggio. Non dava più retta a nessuno. Fu un episodio rimasto memorabile che i presenti hanno ricordato per anni. Quando si tornava a Milano in aereo si spogliava completamente lanciando abiti e maglie ovunque per mettersi il più comodo possibile, con molta indifferenza. Manfredini (Capo Officina Autodelta, n.d.a.), che lo sapeva, poi lo copriva con una enorme maglietta di cotone.
Essere vicino a lui, specie nelle corse, era un divertimento unico. Si respirava genialità, entusiasmo e passione da parte di tutta la squadra”. Il dottor Marchetti fu anche l’artefice della ristrutturazione di Balocco così come noi la conoscevamo.
“Negli anni ‘60 - ricorda - affiancato dal Geometra Castello, Responsabile dell’Impiantistica, sollecitò ripetutamente Luraghi (Presidente Alfa Romeo) per ristrutturare totalmente la Cascina della Bella Luigina e altri casali ex stalle per dar così finalmente modo a tecnici, meccanici, piloti e collaudatori di lavorare con maggior comodità e anche... difesa dalle numerose enormi zanzare che hanno sempre infestato quel luogo. La pista e le sue strutture furono rese sempre più confortevoli ed attrezzate, anche con stanze per dormire così da poter lavorare per vari giorni di seguito senza fare avanti e indietro con Milano ogni giorno. Chiti gliene fu sempre grato. Furono sistemate anche siepi alte e impenetrabili intorno alla pista per difenderla da giornalisti, fotografi e curiosi. Mi ricordo ancora - continua il Marchetti - quando una volta si andò a cena qui sotto con Lui insieme a te (d’Amico) e al Bonini e gli suggerimmo di fondare un club. Nacque così ‘Amici dell’Alfa’, ma purtroppo Chiti aveva troppe cose da fare e da pensare di fare; così dopo gli slanci iniziali se ne occupò sempre di meno e poi, dopo la sua scomparsa, si finì purtroppo per non ritrovarsi più, come un tempo, con tanti nostalgici vecchi amici”.
“In Alfa Romeo ho avuto la fortuna di conoscere un mondo di gente, di ogni estrazione sociale, ma tutti dei gran signori. Caratteristica - dice - che mi sembra si sia un po’ persa negli ultimi anni. Nelle gare la sera, nei momenti di maggior relax, era cosa comune vedere presidenti o alti dirigenti, mangiare e giocare a carte tutti allo stesso tavolo, insieme a meccanici ed operai e mandarsi reciprocamente a quel paese! Vigeva molto cameratismo e comunque reciproco rispetto ma soprattutto la dignità e l’orgoglio di essere ‘Uno dell’Alfa’”.
(FINE)