Il capolavoro motoristico dell'Alfa Romeo P2, e tutti i suoi eredi...


Per il suo motore da competizione, il P2, Jano sceglie la configurazione a otto cilindri in linea, riuniti in quattro sotto-blocchi di due, allo scopo di ridurre i rischi di distorsione dei carichi termici, nei quali incappavano gli analoghi propulsori dell'epoca. L'albero è in due pezzi, connessi al centro, ruotanti su dieci supporti con semigabbie a rulli. La distribuzione è a due alberi a camme in testa. Le valvole hanno un identico diametro (35,5 mm) e sono fortemente inclinate (104 gradi invece dei tradizionali 90). L'alimentazione è assicurata da un compressore di dimensioni molto compatte a doppio stadio e lobi controrotanti, noto come Roots.

Per un due litri la potenza è considerevole. L'otto cilindri P2 sviluppa, infatti, 140 CV a 5500 giri/min. Nel 1924 è una potenza vincente, tanto più che è sostenuta da un'affidabilità sconosciuta agli avversari. Inoltre, il motore gira in piena affidabilità a 6500 giri/min, mentre i migliori concorrenti si devono fermare al limite dei 5500 giri/min.

Il propulsore conosce un primo incremento della sua già rilevante potenza alla fine del 1925, quando passa dai 140 iniziali ai 155 CV e un secondo nel 1930 quando diventano 175 al regime invariato di 5500 giri/min. È il 1931 quando l'otto cilindri esce di scena.

Per mettere a frutto i brillanti successi della P2 viene chiesto a Jano di porre mano allo studio di un nuovo propulsore e, insieme, all'autotelaio destinato ad ospitarlo. Jano elabora il progetto di un motore, il 6C 1500, totalmente innovativo rispetto alla tradizione dei propulsori Alfa Romeo.

Si tratta, infatti, di un sei cilindri in linea, con cilindrata di 1487 cm3 (44 CV a 4200 giri/min) che ha due punti di forza. Innanzitutto è "modulare". E poi, rispetto ai 1987 cm3 dell'otto cilindri del P2, risponde anche al desiderio dell'Alfa Romeo, che vuole collocare i nuovi modelli in una posizione intermedia fra le "utilitarie" da un litro e le "lusso" da due litri.

Il 6C 1500, denominato poi Normale, ha blocco cilindri e testa in ghisa. La distribuzione, inizialmente comandata da un unico albero a camme in testa, subisce nel tempo alcune modifiche. E sul modello Sport, verso la fine degli anni Venti, diventa bialbero. Nasce, così, lo schema tipico del motore Alfa Romeo, con due alberi a camme in testa, valvole inclinate e camera emisferica.

Massima espressione dello stile e della tecnologia dell'epoca è il sei cilindri 1750, progettato da Jano nel 1929. La prima versione del motore ha distribuzione monoalbero e valvole parallele oltre che perpendicolari al piano della testa. Con un carburatore verticale ed un rapporto di compressione di 5,5:1, il 6 cilindri produce una potenza di 46 CV a soli 4000 giri/min, con grande coppia disponibile già ai bassi regimi.

Procedendo per successivi stadi di sviluppo, Jano elabora immediatamente edizioni successive: Sport, Gran Turismo, Super Sport, "Testa Fissa" (dove la testa è fusa in una struttura monolitica con il blocco cilindri), Gran Sport, Gran Turismo Compressore. Tra le peculiarità meccaniche si segnalano: la distribuzione a due assi a camme in testa della 6C 1750 Sport terza serie; la sovralimentazione a compressore volumetrico della Super Sport; il dispositivo regolabile applicato al collettore di aspirazione per il preriscaldamento della miscela della Gran Turismo; il compressore montato direttamente sull'albero motore e il carburatore a doppio corpo collocato sul lato sinistro della Gran Sport.

Simbolo di altissime prestazioni e di totale affidabilità anche a fronte di prove che risultano durissime per la gran parte delle concorrenti, la 6C 1750 è l'emblema delle capacità progettuali ed esecutive dell'Alfa Romeo, che con questo propulsore dimostra di essere all'avanguardia nell'ingegneria motoristica di base.

Intanto le caratteristiche meccaniche dei nuovi materiali e le benzine più "secche", distillate per l'aviazione, consentono notevoli passi avanti nel campo delle prestazioni. È il 1931 quando viene realizzato il primo derivato del 6C 1750, attraverso uno sviluppo "modulare" dell'originale. Si aggiungono, infatti, due cilindri ai sei ottenendo un otto cilindri in linea di 2300 cm3.

Alimentato da un carburatore verticale, l'8C 2300 della prima generazione fornisce una potenza di ben 142 CV a 5000 giri/min. Rispetto al 6 cilindri, le modifiche principali riguardano la bancata dei cilindri, fusa in due semiblocchi dapprima in ghisa poi in lega leggera, e la distribuzione (bialbero in testa) comandata da una cascata di ingranaggi posta al centro del motore.

La versione Gran Turismo, proposta in combinazione con autotelai in due misure di passo, dà vita a spider e coupé di finissima qualità estetica, capaci di velocità sul filo dei 170 km/h. Un ulteriore sviluppo del motore produce un incremento della potenza di 13 CV: dai 142 originali a 155 a 5200 giri/min. Alla fine del 1932 una modifica alla distribuzione consente di incrementare il regime di potenza massima fino a 5400 giri/min. La potenza sale perciò a 165 CV e con essa la velocità massima. La 8C 2300 Spider Corsa supera la soglia dei 200 km/h, fino al limite di 215 km/h.

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