Motori Alfa Romeo, gli albori di una storia straordinaria
Fin dall'esordio, nella progettazione e nella realizzazione delle vetture Alfa Romeo, viene privilegiata la sportività. Una caratteristica che trova la sua prima e più importante espressione nella tecnica motoristica. La ricerca di alte prestazioni, dunque, costituisce il DNA della Casa del Biscione. Un impegno che in passato si è tradotto nell'esaltazione delle potenze specifiche alla ricerca di velocità sempre maggiori e che oggi si concretizza nel raggiungimento di nuovi traguardi in fatto di elasticità, flessibilità d'uso, contenimento dei consumi. Vediamo, allora, le principali tappe di questa evoluzione.
Il primo propulsore realizzato dalla Casa del Biscione nasce nel 1910 per mano di Giuseppe Merosi. Si chiama 24 HP ed è un quattro cilindri in linea, monoblocco in ghisa, distribuzione a valvole laterali. La cilindrata di 4084 cm3 e la potenza erogata (42 CV a 2200 giri/min) permettevano di raggiungere velocità rispettabili: 100 km/h con le prime serie e 105 con le successive.
Caratteristiche ritenute moderne, all'epoca, erano quelle del sistema di trasmissione, che prevedeva un albero cardanico forgiato in un solo tronco e provvisto di tre supporti di banco, lunghissime bielle a cappello e cuscinetti lisci. Quest'ultima innovativa soluzione, impose a Merosi di sviluppare un opportuno circuito di lubrificazione a pressione, con tanto di pompa a ingranaggi.
L'affidabilità che contraddistingue il propulsore della 24 HP e le doti di generosa erogazione della coppia attirano l'attenzione dell'industria aeronautica italiana, per la quale Merosi realizza una versione avio che ha, come quella automobilistica, notevole successo.
Sulla base dell'esperienza del 24 HP, viene sviluppato un altro motore di architettura sostanzialmente identica, ma di cilindrata quasi dimezzata (2114 cm3), che è destinato alle vetture più economiche. Il nuovo propulsore - e le auto che ne sono equipaggiate - vengono chiamate prima 12 HP, poi 15 HP e infine 15-20 HP, in un crescendo che annuncia il succedersi degli incrementi di potenza, anche se la cilindrata rimane invariata.
Tra le novità del propulsore si segnalano il circuito di raffreddamento, semplificato perché da una raffinata soluzione con pompa per la circolazione dell'acqua si è passati ad una a "termosifone", senza pompa e, quindi, meno costosa. Mentre la distribuzione (sempre a valvole laterali) abbandona la punteria a rullo per adottare quella a puntale.
Il nuovo quattro cilindri fornisce una potenza consistente già nella prima edizione: 22 CV a 2100 giri/min che aumentano nel 1912 a 25 a 2400 giri/min e, infine, a 28 a 2400 giri/min. Una potenza, quest'ultima, che mantiene dal 1914 fino alla fine della produzione, nel 1920.
Nel 1912, Merosi avvia lo studio di un terzo motore, concepito per ottenere prestazioni decisamente migliori. Si tratta del 40-60 HP, con il quale la Casa del Portello intende ampliare verso l'alto la propria gamma. L'architettura è ancora a quattro cilindri in linea, ma i centimetri cubi salgono a 6082. È costituito da due monoblocchi in ghisa, con teste fisse, uniti su un basamento comune. La distribuzione è a valvole in testa. La potenza di 82 CV a 2400 giri/min, che spingono la vettura equipaggiata con questo motore ad una velocità massima di 150 km/h.
Ma il capolavoro del primo progettista dell'Alfa è il Grand Prix del 1914, un quattro cilindri di 4490 cm3 che per l'epoca rappresenta un concentrato di tecnologia d'avanguardia. Per la prima volta, infatti, la distribuzione adotta l'architettura a doppio albero a camme in testa. L'induzione avviene grazie alle quattro valvole per cilindro sistemate a V con un'angolazione di 90°. L'accensione è assicurata da due candele per cilindro. Una soluzione, quest'ultima, che anticipa il moderno Twin Spark 16 valvole. Nel progetto di Merosi, la seconda candela di accensione sopperisce ai limiti sia delle caratteristiche antidetonanti delle benzine del tempo, sia dell'energia disponibile nei sistemi di accensione. E garantisce, soprattutto, una perfetta combustione della carica aspirata tramite una rapida diffusione del fronte di fiamma. La carriera di questo propulsore viene, però, interrotta dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Al termine del conflitto, l'Alfa Romeo ritorna alla produzione automobilistica di serie rispolverando il quattro cilindri 24 HP. La nuova versione assume la denominazione di 20-30 HP ES. Lo schema è quello classico: quattro cilindri monoblocco a valvole laterali di diametro identico (45 mm) sia per l'aspirazione sia per lo scarico. Cambia, invece, il comando della distribuzione a ingranaggi, sostituito da un sistema con "catena silenziosa". La cilindrata viene leggermente incrementata e passa da 4084 a 4250 cm3. Cresce anche la potenza, da 49 CV a 2400 giri/min a 67 CV a 2600 giri/min e aumenta la velocità: 130 km/h.
Il 20-30 HP ES rimane in produzione fino al 1922. Esce di scena mentre Merosi lavora ad una nuova generazione di propulsori. Il primo è il G1, che rappresenta un giro di boa nella filosofia progettuale di Merosi. Si tratta, infatti, di un sei cilindri in linea, con struttura biblocco, cioè con due unità di tre cilindri ciascuna accoppiate. Dall'esperienza del 20-30 HP si riconoscono la collocazione dell'albero a camme comandato da catena che si trova nella stessa posizione all'interno del basamento e la distribuzione a valvole laterali. La cilindrata è di 6330 cm3, la velocità massima di 120 km/h e la potenza di 70 CV. La scelta, dunque, è quella di una potenza morbida che appare giusta per un propulsore destinato ad equipaggiare vetture di gran lusso.
Il motore a 6 cilindri monoblocco in ghisa con distribuzione a valvole in testa comandate da aste e bilancieri viene studiato da Merosi verso la fine del 1920, in previsione del nuovo regolamento sportivo che poneva il limite dei 3 litri di cilindrata per le vetture partecipanti a competizioni internazionali. L'RL esce nel 1922 e segna il definitivo affermarsi della Casa del Biscione in campo agonistico. Elegante nelle linee, slanciato e razionale nella disposizione degli organi accessori, eroga una potenza di 56 CV a 3200 giri/min per una cilindrata di 2916 cm3. La velocità massima raggiunta dalla vettura spinta da questo propulsore è di 110 km/h.
L'RL esce in più versioni, riunite nel 1925 sotto la sigla RM Unificata. Tra queste si segnala quella da 3620 cm3 capace di produrre una potenza di 125 CV a 3800 giri/min per una velocità di 180 km/h. Prestazione che colse di sorpresa la concorrenza e sancì definitivamente la leggenda Alfa Romeo nelle competizioni.
Dal sei cilindri RL Merosi ricava, nel 1923, anche una edizione più piccola, al limite dei 2 litri e con due cilindri in meno. Si tratta dell'RM, proposto inizialmente: nella Normale, con una cilindrata di 1944 cm3 e una potenza di 40 CV a 3000 giri/min; nella Sport, con una cilindrata da 1996 e una accresciuta potenza di 44 CV a 3200 giri/min. Nel 1925 con la RM Unificata viene adottata la cilindrata di 1996 cm3. L'affinamento dell'alimentazione, per la quale si impiega un carburatore orizzontale, consente di portare la potenza a 48 CV ottenuti ad un regime di 3500 giri/min.
Il disegno di una nuova biposto da Gran Premio viene affidato nel 1923 a Vittorio Jano, giovane progettista torinese, cui va il merito di aver introdotto sulle Alfa Romeo (e sviluppato con eccezionale competenza) la sovralimentazione. Tecnica, quest'ultima, nella quale la Casa del Biscione seppe imporsi in ambito mondiale per un arco di venticinque anni.
Il primo propulsore realizzato dalla Casa del Biscione nasce nel 1910 per mano di Giuseppe Merosi. Si chiama 24 HP ed è un quattro cilindri in linea, monoblocco in ghisa, distribuzione a valvole laterali. La cilindrata di 4084 cm3 e la potenza erogata (42 CV a 2200 giri/min) permettevano di raggiungere velocità rispettabili: 100 km/h con le prime serie e 105 con le successive.
Caratteristiche ritenute moderne, all'epoca, erano quelle del sistema di trasmissione, che prevedeva un albero cardanico forgiato in un solo tronco e provvisto di tre supporti di banco, lunghissime bielle a cappello e cuscinetti lisci. Quest'ultima innovativa soluzione, impose a Merosi di sviluppare un opportuno circuito di lubrificazione a pressione, con tanto di pompa a ingranaggi.
L'affidabilità che contraddistingue il propulsore della 24 HP e le doti di generosa erogazione della coppia attirano l'attenzione dell'industria aeronautica italiana, per la quale Merosi realizza una versione avio che ha, come quella automobilistica, notevole successo.
Sulla base dell'esperienza del 24 HP, viene sviluppato un altro motore di architettura sostanzialmente identica, ma di cilindrata quasi dimezzata (2114 cm3), che è destinato alle vetture più economiche. Il nuovo propulsore - e le auto che ne sono equipaggiate - vengono chiamate prima 12 HP, poi 15 HP e infine 15-20 HP, in un crescendo che annuncia il succedersi degli incrementi di potenza, anche se la cilindrata rimane invariata.
Tra le novità del propulsore si segnalano il circuito di raffreddamento, semplificato perché da una raffinata soluzione con pompa per la circolazione dell'acqua si è passati ad una a "termosifone", senza pompa e, quindi, meno costosa. Mentre la distribuzione (sempre a valvole laterali) abbandona la punteria a rullo per adottare quella a puntale.
Il nuovo quattro cilindri fornisce una potenza consistente già nella prima edizione: 22 CV a 2100 giri/min che aumentano nel 1912 a 25 a 2400 giri/min e, infine, a 28 a 2400 giri/min. Una potenza, quest'ultima, che mantiene dal 1914 fino alla fine della produzione, nel 1920.
Nel 1912, Merosi avvia lo studio di un terzo motore, concepito per ottenere prestazioni decisamente migliori. Si tratta del 40-60 HP, con il quale la Casa del Portello intende ampliare verso l'alto la propria gamma. L'architettura è ancora a quattro cilindri in linea, ma i centimetri cubi salgono a 6082. È costituito da due monoblocchi in ghisa, con teste fisse, uniti su un basamento comune. La distribuzione è a valvole in testa. La potenza di 82 CV a 2400 giri/min, che spingono la vettura equipaggiata con questo motore ad una velocità massima di 150 km/h.
Ma il capolavoro del primo progettista dell'Alfa è il Grand Prix del 1914, un quattro cilindri di 4490 cm3 che per l'epoca rappresenta un concentrato di tecnologia d'avanguardia. Per la prima volta, infatti, la distribuzione adotta l'architettura a doppio albero a camme in testa. L'induzione avviene grazie alle quattro valvole per cilindro sistemate a V con un'angolazione di 90°. L'accensione è assicurata da due candele per cilindro. Una soluzione, quest'ultima, che anticipa il moderno Twin Spark 16 valvole. Nel progetto di Merosi, la seconda candela di accensione sopperisce ai limiti sia delle caratteristiche antidetonanti delle benzine del tempo, sia dell'energia disponibile nei sistemi di accensione. E garantisce, soprattutto, una perfetta combustione della carica aspirata tramite una rapida diffusione del fronte di fiamma. La carriera di questo propulsore viene, però, interrotta dallo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Al termine del conflitto, l'Alfa Romeo ritorna alla produzione automobilistica di serie rispolverando il quattro cilindri 24 HP. La nuova versione assume la denominazione di 20-30 HP ES. Lo schema è quello classico: quattro cilindri monoblocco a valvole laterali di diametro identico (45 mm) sia per l'aspirazione sia per lo scarico. Cambia, invece, il comando della distribuzione a ingranaggi, sostituito da un sistema con "catena silenziosa". La cilindrata viene leggermente incrementata e passa da 4084 a 4250 cm3. Cresce anche la potenza, da 49 CV a 2400 giri/min a 67 CV a 2600 giri/min e aumenta la velocità: 130 km/h.
Il 20-30 HP ES rimane in produzione fino al 1922. Esce di scena mentre Merosi lavora ad una nuova generazione di propulsori. Il primo è il G1, che rappresenta un giro di boa nella filosofia progettuale di Merosi. Si tratta, infatti, di un sei cilindri in linea, con struttura biblocco, cioè con due unità di tre cilindri ciascuna accoppiate. Dall'esperienza del 20-30 HP si riconoscono la collocazione dell'albero a camme comandato da catena che si trova nella stessa posizione all'interno del basamento e la distribuzione a valvole laterali. La cilindrata è di 6330 cm3, la velocità massima di 120 km/h e la potenza di 70 CV. La scelta, dunque, è quella di una potenza morbida che appare giusta per un propulsore destinato ad equipaggiare vetture di gran lusso.
Il motore a 6 cilindri monoblocco in ghisa con distribuzione a valvole in testa comandate da aste e bilancieri viene studiato da Merosi verso la fine del 1920, in previsione del nuovo regolamento sportivo che poneva il limite dei 3 litri di cilindrata per le vetture partecipanti a competizioni internazionali. L'RL esce nel 1922 e segna il definitivo affermarsi della Casa del Biscione in campo agonistico. Elegante nelle linee, slanciato e razionale nella disposizione degli organi accessori, eroga una potenza di 56 CV a 3200 giri/min per una cilindrata di 2916 cm3. La velocità massima raggiunta dalla vettura spinta da questo propulsore è di 110 km/h.
L'RL esce in più versioni, riunite nel 1925 sotto la sigla RM Unificata. Tra queste si segnala quella da 3620 cm3 capace di produrre una potenza di 125 CV a 3800 giri/min per una velocità di 180 km/h. Prestazione che colse di sorpresa la concorrenza e sancì definitivamente la leggenda Alfa Romeo nelle competizioni.
Dal sei cilindri RL Merosi ricava, nel 1923, anche una edizione più piccola, al limite dei 2 litri e con due cilindri in meno. Si tratta dell'RM, proposto inizialmente: nella Normale, con una cilindrata di 1944 cm3 e una potenza di 40 CV a 3000 giri/min; nella Sport, con una cilindrata da 1996 e una accresciuta potenza di 44 CV a 3200 giri/min. Nel 1925 con la RM Unificata viene adottata la cilindrata di 1996 cm3. L'affinamento dell'alimentazione, per la quale si impiega un carburatore orizzontale, consente di portare la potenza a 48 CV ottenuti ad un regime di 3500 giri/min.
Il disegno di una nuova biposto da Gran Premio viene affidato nel 1923 a Vittorio Jano, giovane progettista torinese, cui va il merito di aver introdotto sulle Alfa Romeo (e sviluppato con eccezionale competenza) la sovralimentazione. Tecnica, quest'ultima, nella quale la Casa del Biscione seppe imporsi in ambito mondiale per un arco di venticinque anni.